L'Italia "normale" passa da Roma/I riflessi nazionali del no di Alemanno a Storace Rutelli, candidato sostenuto dalla sinistra radicale di Italico Santoro Bisogna dare atto a Gianni Alemanno che la sua decisione di rifiutare l'apparentamento con la Destra di Francesco Storace ispirata o meno che sia da Gianfranco Fini è stata una scelta non solo coraggiosa ma destinata probabilmente a produrre effetti anche oltre il perimetro della capitale. Per quanto riguarda le elezioni romane, la decisione di Alemanno ha avuto due conseguenze immediate. In primo luogo, ha contribuito a rassicurare la comunità israelitica, giustamente preoccupata per l'alleanza con una forza politica al cui interno - almeno nelle sue torbide frange estremiste - sono ancora presenti pulsioni antisemite e più in generale sentimenti razzisti. In secondo luogo, ha scoperto sul versante dei moderati Francesco Rutelli, tuttora collegato con liste della sinistra radicale; e quindi, di conseguenza, più lontano da quel centro politico su cui, con tutta probabilità, si deciderà la partita per la conquista del Campidoglio. Non è certo un caso se Mario Baccini - uno dei leader della Rosa bianca e candidato sindaco al Comune di Roma per il suo partito - ha deciso di sostenere Alemanno perché "Rutelli è ancora legato alla sinistra estrema", mentre "sono i moderati il fulcro dello sviluppo". In questo modo il candidato del centrosinistra finisce per trovarsi nella scomoda condizione di rappresentare per un verso la conservazione quindici anni di governo ininterrotto del Comune di Roma, che ha creato intorno al gruppo di comando troppe incrostazioni di potere e troppi coaguli di interessi, non tutti e non sempre legittimi; e per altro verso posizioni radicalizzate, che non lo aiutano di certo nel tentativo di recuperare voti nell'area di centro e tra i moderati in genere. Ma la decisione di Alemanno come si è già detto è destinata a produrre effetti più vasti e ad influenzare in modo significativo il futuro del bipolarismo italiano. Rifiutando l'accordo con la destra anche a livello locale - e in elezioni di grande rilevanza, che riguardano il maggior comune italiano - il Pdl accelera il processo già avviato con le elezioni politiche, quello di una convergenza verso il centro dei due schieramenti che si giocano la partita per il governo del paese. E se Alemanno dovesse uscire vincitore dalle elezioni come noi ci auguriamo anche il Partito democratico sarebbe spinto a recidere, in periferia e non solo a livello nazionale, i suoi legami con la sinistra radicale. Il taglio delle estreme che proprio Veltroni aveva avviato dopo essere stato eletto segretario del Pd e che ha caratterizzato le ultime elezioni politiche - riceverebbe un nuovo impulso. E l'Italia finirebbe per diventare davvero un "paese normale", nel quale gli estremismi politici non sarebbero più decisivi nella definizione degli equilibri di governo. Paradossalmente, il processo avviato da Veltroni finirebbe per essere rafforzato proprio da una sconfitta del suo schieramento nella città che lo ha visto a capo dell'amministrazione per sette anni. Ma c'è un'altra e non trascurabile conseguenza di cui bisogna tener conto. E che si riassume in un interrogativo. E' possibile, nel momento in cui i due principali schieramenti convergono verso il centro, la sopravvivenza di un partito che si candida a rappresentare quell'area politica? L'esperienza francese ha dato finora una risposta negativa; quella tedesca invece ne ha data una positiva. Dipende quindi anche dalla legge elettorale. Ma non solo. In Germania il partito di centro - che per un certo periodo è stato il punto di equilibrio dell'intero sistema - è costituito dai liberali, che hanno non solo una ben distinta tradizione culturale nei confronti dei popolari e dei socialdemocratici, ma anche una diversa appartenenza nell'ambito del Parlamento europeo e dei suoi schieramenti. In Italia la situazione è diversa e diversa è la domanda da farsi. E' possibile la sopravvivenza di un partito di centro di ispirazione cristiana quando i due maggiori Popolo della Libertà e Partito democratico riassumono ampiamente in se stessi quei valori e convergono sempre più verso posizioni moderate? E quando uno di quei partiti, il Pdl, fa parte a sua volta nel Parlamento europeo dello stesso schieramento (i popolari) in cui si riconoscono anche l'Udc e la Rosa bianca? E d'altro canto anche qui soccorre il caso di Roma. Dove il partito di Casini è diviso al suo interno ed incapace di scegliere. E il presidente della Rosa bianca, Savino Pezzotta, sconfessa il segretario Baccini nel momento in cui decide di allearsi con il centrodestra. Troppa confusione, troppe incertezze, troppe divisioni per fondare un partito destinato a durare. Attendiamo, allora, i risultati delle elezioni romane. Ma sapendo che, al di là del loro esito, hanno già contribuito a modificare ulteriormente il quadro politico italiano; e ad accentuare quella spinta verso il bipolarismo inteso come confronto tra schieramenti entrambi moderati che ha caratterizzato in questi mesi l'evolversi del nostro sistema e forse, diciamo ancora forse, ha finalmente aperto le porte d'ingresso alla seconda Repubblica. |